venerdì 30 ottobre 2015

Una terza faida di Scampia in atto?



Lo scenario è quello di sempre. Napoli nord, i quartieri di Secondigliano e Scampia, i grandi dormitori dello spaccio di droga sui quali Saviano ha ambientato il suo romanzo. Non cambiano i luoghi, e potrebbero tornare anche le facce del passato. Il clan Di Lauro, ai tempi del suo boss di prima generazione, Paolo, detto “Ciruzzo ‘o milionario” (si vocifera che tale soprannome gli fu dato dal boss dei boss della camorra napoletana, “o rre”, Luigi Giuliano, quando, in una partita di poker, gli vide cadere dalle tasche biglietti da 100.000 lire) potentissima cosca in grado di rimanere autonoma dall’altrettanto influente alleanza di Secondigliano, negli ultimi anni veniva data in declino. Ridotta perlopiù ad un ruolo interstiziale di mediazione fra i gruppi in lotta per il controllo della periferia nord, dopo le perdite riportate nella sanguinosa faida di Scampia del 2004-2005 e con gli arresti in massa del 2005 (fra i quali quello di Ciruzzo stesso, oltre che di circa un centinaio di affiliati, fra i quali vigili urbani che avvertivano in caso di retate delle forze dell’ordine, e meccanici che realizzavano i nascondigli della droga nei veicoli del clan). Il figlio, Marco, oggi trentacinquenne, latitante da dieci anni, molto probabilmente ancora nascosto nella zona di Secondigliano-Scampia, nella quale può contare su appoggi e aiuti di vario genere (si dice che abbia a disposizione addirittura una attrezzatissima palestra personale), è diventato di fatto il capo di ciò che resta del clan.

Gli strascichi della prima faida di Scampia del 2004-2005 proseguono fino alla primavera del 2011. E continuano ad essere negativi per i Di Lauro, in declino. È il 14 aprile del 2011 - sono le 20,38 - quando Antonio Mennetta, stando al racconto di un pentito, avrebbe poggiato la canna della pistola all’altezza del lato superiore dell’occhio destro. Un colpo alla tempia, per uccidere Antonello Faiello, affiliato ai Di Lauro, dopo un conflitto da far west con quelli del clan Di Lauro. Oltre al pentito, ad incastrare Mennetta c’è un dato tecnico: il tatuaggio che gli sbuca sul braccio, che viene «riconosciuto» nel corso di un filmato ricavato dalla telecamera di un negozio nei paraggi. La scena è da far west. I Di Lauro sono per strada alla ricerca di un loro nemico, tale “Paoluccio ‘o terrore”. Si ritrovano davanti un gruppo di fuoco capeggiato da Mennetta. Faiello viene colpito, e poi Mennetta gli somministra il colpo di grazia alla tempia. Un altro, Luigi De Lucia, è ferito. Ma Marco Di Lauro, presente alla scena, viene immobilizzato dai killer per evitargli ferite da arama da fuoco. Un segnale chiarissimo. Gli uccidono i sottoposti e lo proteggono. Vogliono fare una alleanza con i Di Lauro, non una nuova geurra, ma alle loro condizioni. “Loro” chi? Sono un gruppo emergente, che si è staccato dagli scissionisti della prima faida contro i Di Lauro. Questo gruppo viene chiamato con il nome delle strade di Napoli nord in cui hanno la loro base: i Vannella-Grassi. Soprannominati “i girati” (cioè i traditori), per essersi ribellati, agli inizi degli anni Duemila, ai Di Lauro, si stanno costruendo un loro spazio autonomo nello spaccio di stupefacente nei quartieri della periferia nord, e ora colpiscono i loro ex alleati scissionisti per allargare il controllo delle strade e dei luoghi di distribuzione dello stupefacente, e per convincere i “capi piazza” (cioè i responsabili delle squadre di spaccio sulla strada) a passare sotto la loro protezione.

Mennetta è poi un personaggio inquietante. Soprannominato “El niño”, come il tifone, oppure “Lo spartano”, per la sua passione per la guerra e la violenza, è un ragazzone enorme di 26 anni, con un passato, vociferano gli inquirenti ripresi da un articolo del Messaggero del 5 Gennaio 2013, da killer dei Di Lauro durante la prima faida di Scampia (poi traditi) e da spacciatore pagato con il sistema della “settimana”. Ama dare personalmente il colpo di grazia alla vittima ferita a terra con un colpo in testa. E’ anche molto ambizioso. C’è agli atti un’intercettazione ambientale in cui lo spartano racconta alla madre il suo sogno di ventenne: «voglio diventare imperatore di Scampia e Secondigliano, non mi voglio accontentare della settimana che mi passano quelli». Dal luglio 2013 è latitante.

Pochissimi mesi dopo, a gennaio 2012, il sangue torna a scorrere per il controllo dello spaccio di stupefacente a Napoli nord. Muoiono in un agguato Raffaele Stanchi, il presunto cassiere degli scissionisti della prima faida contro i Di Lauro del 2004-2005, e il suo guardaspalle Luigi Mondò. Secondo gli inquirenti, sono morti per lavare un affronto: gli scissionisti non pagano la quota dello smercio di cocaina a quelli della Vannella, che a loro volta si vendicano tagliando la mano a Stanchi, al cassiere, prima di dargli fuoco. Omicidio simbolico. Ancora pochi mesi, ed a agosto Gaetano Marino, soprannominato “moncherino” per  un handicap agli arti superiori, fratello di Gennaro, detto “McKay”, boss dei cosiddetti “scissionisti” di Secondigliano, nel 2005 in guerra con i Di Lauro, viene ammazzato a Terracina, in pieno giorno e in una spiaggia affollata, dove trascorreva le vacanze con la famiglia. E’ l’inizio della seconda faida di Scampia. I presunti autori sono, ancora una volta, i girati. Agiscono, in questa fase, come alleati del gruppo Di Lauro. Marco ha quindi stretto un nuovo patto di sangue con una parte degli ex nemici.

La faida si fa immediatamente cruenta. Luigi Lucenti, pregiudicato cinquantenne, viene ammazzato addirittura nel cortile di una scuola materna di Scampia, in mezzo ai bambini, dove aveva invano cercato rifugio dai killer che lo inseguivano. Purtroppo ci va di mezzo un innocente: Pasquale Romano, ragazzo ammazzato per errore il 15 ottobre 2012 nel quartiere di Marianella, perché scambiato per uno spacciatore (vero bersaglio dei killer) a cui assomigliava. La faida finisce a dicembre, con nuovi equilibri, dopo decine di morti. I girati si sono conquistati il loro posto al sole nelle piazze di spaccio di Secondigliano e Scampia, i Di Lauro sono usciti dal loro declino, e mediano la pax camorristica.

Pax camorristica, e veniamo agli episodi recenti, che viene violata in quella che sembra essere, in tutto e per tutto, una nuova guerra di camorra. Il mese di ottobre 2015 si tinge di sangue. Raffaele Stravato, 39 anni, pregiudicato, viene assassinato il 24 ottobre, raggiunto da diversi colpi di pistola tra Scampia e Marianella. Una settimana prima, nel cuore della notte, è stato giustiziato Domenico Aporta, 24 anni, con precedenti per rapina, rimasto a terra per almeno tre ore a San Pietro a Patierno prima che arrivasse la polizia, in un clima di omertà e paura. Il primo è ritenuto dagli inquirenti vicino ai Lo Russo, un clan tradizionale, anch’esso, guarda caso, operante sulla piazza di Secondigliano, oltre che nel business del racket sugli appalti degli ospedali. Soprannominati “i capitoni”, sono nemici storici dei Di Lauro, fin dalla prima faida di Scampia, e, oggi ritemprati da alcune scarcerazioni di loro presunti affiliati. Il secondo morto è invece affiliato ai Vannella-Grassi.


In questo contesto, potrebbe essere ipotizzabile l’inizio di una guerra, una terza faida di Scampia, fra i Lo Russo ed i girati, che di conseguenza coinvolgerebbe i Di Lauro, che sono divenuti loro alleati. Un articolo di Napoli.zon di tre giorni fa annuncia la possibile reazione. Favorita anche dalla scarcerazione di Raffaele e Vincenzo, due componenti fondamentali della famiglia. Evidentemente, si raccolgono umori e voci della strada, che spesso sono esatte. I Di Lauro potrebbero approfittare dell’attacco ai Vannella-Grassi, con i quali l’alleanza è solo strumentale, per riguadagnare potere. Oppure allearsi con i girati per contrastare l’aggressività di altri clan. Solo nei prossimi mesi lo scenario sarà più chiaro. Ma una cosa è sicura. Il sangue a Scampia non scorre mai per errore, e non si ferma mai alle prime vittime.